L’esperto risponde (prof. Roberto Sandulli, Presidente CDL in Scienze Biologiche, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”)

Il fenomeno del ghost fishing (rete fantasma) è dovuto agli attrezzi da pesca perduti o abbandonati in mare dai pescatori (talvolta colpevolmente). Tali attrezzi perduti (palangresi, lenze, reti, nasse) sono in grado di intrappolare organismi marini in misura non minore rispetto agli attrezzi non persi, con l'aggravante che non vi è neanche profitto per il pescatore proprietario dell'attrezzo stesso. Recentemente, si è valutato che tali attrezzi generano danni molto significativi agli stock di pesci e invertebrati di interesse commerciale e non. Inoltre, i pesci intrappolati in tali attrezzi abbandonati muoiono e attraggono specie saprofaghe (che si nutrono degli organismi morti e in stato di decomposizione) che, a loro volta, verranno catturate dall'attrezzo, generando un atroce circolo vizioso. Le campagne di rimozione di tali attrezzi, svolte spesso da encomiabili sub volontari, contribuiscono al mantenimento della biodiversità nella nostra AMP di Punta Campanella, e sarebbe auspicabile che tale attività di rimozione del materiale 'alieno' possa effettuarsi sempre con maggiore frequenza".